Mona Lisa Tina, Georitmie, 2021
performance e installazione,
Vijion Art Gallery, Ortisei, Bolzano
ph Vanis Dondi
Sono al centro, in piedi e immobile nella seconda sala della galleria Vijion. Indosso un vestito rosso ampio e lungo, aperto in prossimità di quella zona del busto dove idealmente è situato l’organo del cuore. In questa parte del corpo è collocata una struttura in metallo a forma di raggiera che ricorda per fattezza e dimensione, seppur esteticamente differente, un ex voto.
Dietro di me, sulla parete di fondo, è proiettato un video che inizia con la ripresa di un fuoco che arde.
Attendo che le persone entrino in galleria. (L’attesa può variare dai 3 ai 10 minuti, a seconda dell’orario stabilito dell’inizio della performance).
Quando il pubblico sarà entrato, l’immagine del fuoco svanisce per aprirsi su quella di un planisfero bianco, senza confini e nomi dei continenti.
Tutti i presenti, senza saperlo, sostano in attesa del proprio turno che li vedrà interagire uno per volta con me. L’audio amplificato di un elettrocardiogramma incalza e scandisce il tempo dell’attesa.
In un angolo dello spazio, oltre la porta, ci sono un tavolo e due sedie, una delle quali verrà occupata da me.
Con un gesto invito ogni persona, in modo individuale e alternato, a sedersi al tavolo.
Inizia così il nostro dialogo, che avviene solo ed esclusivamente attraverso frasi scritte senza mai utilizzare il linguaggio verbale.
Su tre fogli di colore rosso e di piccola dimensione ci sono tre domande che pongo al mio interlocutore.
Sul primo foglio chiedo alla persona di scrivere quella che per lei rappresenta la sua paura più intima e profonda che ha vissuto nel periodo più oscuro della Pandemia; sul secondo le chiedo cortesemente di appendere e collocare il foglio contenente la sua paura sulla parete, in qualunque spazio e continente del planisfero. Sul terzo ed ultimo foglio, prima di concludere il nostro dialogo silenzioso, chiedo di scrivere l’emozione positiva che ritiene opposta a quella paura e di collocarla in un’anfora di vetro trasparente che avrò posizionato precedentemente sul tavolo.
Questa interazione si ripeterà con tutti quanti i presenti che parteciperanno a Georitmie.
La dinamica della prima parte della performance farà così in modo che il Planisfero venga riempito e abitato da tante paure (rosse) e interscambiabili in cui ciascuno potrà rivedersi e rispecchiarsi a prescindere dal luogo di collocazione geografica assegnato. Sul tavolo ci sarà il contenitore appositamente predisposto, colmo di intense e belle emozioni.
A questo punto ha inizio la seconda parte del progetto.
L’audio amplificato dell’elettrocardiogramma si interrompe e prende avvio quello del mio battito cardiaco, precedentemente registrato e diffuso in galleria da quel momento in poi.
Con in mano l’anfora di vetro pieno delle emozioni positive che sono state lasciate durante la prima parte dell’azione, mi alzo e mi accosto ad ogni persona, donando a ciascuno un’ emozione per volta. Tutti i presenti assistono in una dimensione di partecipazione silenziosa a questo scambio fatto di battiti ascoltati e di emozioni scritte donate.
A questo punto si sente una voce fuoricampo (registrata) che dice:
Il nostro cuore conosce ancora l’aridità,
perché la paura nasce dall’orgoglio che gioca a separare.
Abbiate cura del vostro amore,
abbiate cura di Noi.
Esco dallo spazio. La performance è conclusa.
Con questa performance desidero condividere alcune riflessioni personali che riguardano il tema dell’alterità e dell’incontro profondo con l’altro – incontro che è sempre più forte dell’incomunicabilità verbale, dell’impossibilità del contatto fisico a causa del trauma della Pandemia che stiamo attraversando e delle paure ad essa connesse, della distanza emotiva, degli orrori delle guerre e delle sue differenti forme che attanagliano molti Paesi del Mondo.
L’azione vuole essere un invito alla riflessione, all’ascolto profondo nei confronti del prossimo, alla responsabilità morale che ciascuno ha nei confronti delle persone sofferenti, non solo dei propri cari, un invito alla presa in cura dell’altro, soprattutto in un momento delicato come quello attuale. Credo che questo sia possibile solo se ci rendiamo disponibili all’ascolto per ritrovare l’altro, anche solo per l’istante di un delicato battito di cuore, all’interno di un intervento performativo, in modo da avviare, tramite il processo artistico – ciascuno come può – un percorso di evoluzione collettiva.
Performance
29 Agosto 2021