Mona Lisa Tina, Into the Core, 2011
performance e installazione
Sponge Living Space, Pergola (PU)
Ph Gianluca Tappatà
La frequenza del respiro dell’artista è amplificata in tutte e nove le stanze dello spazio ridefinendo l’identità della home gallery.
Nella ricerca di una relazione metaforica tra lo spazio del corpo della performer e quello del luogo, Into the core si propone come azione emotiva e mentale e aspira a cambiare le coordinate dello spazio traducendole in una propria estensione. Qui il concetto di corpo, (dove il corpo dell’artista è il tramite per una riflessione più ampia) si sposta in un primo momento sulla sua assenza, sul corpo ingombrante che manca e coinvolge i fruitori in una dimensione virtuale di traslazione identitaria.
Ma se il respiro rimanda all’appartenenza ad una fisicità che sembra sottrarsi alla sua esposizione, che forse non c’è (ma a chi è presente non è dato di saperlo), la provocazione allude a una separazione tra la sua parte spirituale e quella carnale. Ma quello che viene proposto è una dislocazione dell’identità stessa, nella sua complessità, come spazio altro di connessione tra carne e tecnologia. In una delle nove stanze della home gallery è poi presente, in un angolo, un involucro che ricorda un’escrescenza organica o vegetale o tutte e due le cose insieme. Ancora una volta viene presentata un’alterazione di un corpo, di quello vivo della performer, come corazza, appendice, innesto e gabbia. Forse, ad una lettura più attenta, è possibile comprendere quanto questa struttura sia integrata al respiro che il fruitore si troverà ad ascoltare, e quanto i fruitori stessi, trovandosi dentro l’opera, diventeranno parte integrante di questa grande contaminazione.
Into the core è lo spazio fluido dell’alterazione, è un rimando continuo di significati tra il naturale e l’artificiale, tra il profondo e il superficiale, tra l’individuo e le sue molteplicità.